Catalano di origine, nasce nel 1893, cresce nella Barcellona di inizio secolo scorso, ermetico, impulsivo, dissacratore dell’arte e caparbio nell’intento di concepirla al di là della tela e del cavalletto: Joan Mirò, artista nella sua essenza più pura.

Comincia a disegnare all’età di otto anni per diletto e da adolescente intraprende studi commerciali, continuando a coltivare, comunque, la sua passione artistica.
Nel 1910 comincia a lavorare come contabile in una drogheria: professione che lo annienta nell’intimo; si ammala di esaurimento nervoso e decide di stravolgere la sua vita seguendo la sua unica passione, l’arte.
Tra gli anni Venti e Trenta scopre l’ambiente artistico e letterario parigino, si lega al surrealismo, riconsiderando il suo approccio alla pittura: semplifica la realtà in modo quasi primitivo, creando nuovi simbolismi.

Stringe amicizia con Pablo Picasso, portandogli in dono la sua torta preferita: una Ensaïmada, dolce tipico catalano, di cui Picasso era ghiotto. Un momento decisivo nella carriera del giovane Mirò, che viene prontamente introdotto da Pablo nella cerchia dei più importanti galleristi e collezionisti di Parigi.

Nel surrealismo emerge l’inconscio, la parte onirica dell’uomo, che si esprime attraverso segni e simboli istintivi: la casualità, che permette di testare nuove tecniche e, nel caso di Joan, di creare uno stile originale e unico.
Un’arte gestuale, manuale, dove tutto ha inizio dalla materia e dalle inconfondibili sgocciolature nere d’inchiostro sul giallo, blu e rosso: un chiaro rimando di ammirazione a Matisse e l’arte giapponese.
I soggetti sono donne, uccelli, costellazioni…

Estro creativo che si traduce nella semplicità delle forme, immediatezza di pensieri e percezioni, a volte anche infantili: nessun punto di riferimento, né senso di profondità o linea d’orizzonte; figure immobili e, al tempo stesso, mobili.
L’evoluzione della sua arte in età più matura porta Mirò ad ispirarsi al movimento dell’Action Painting e di Jackson Pollock: nel 1941 viene presentata la prima grande retrospettiva al Museum of Modern Art a New York.
Il 1942 è l’anno dell’esposizione alla galleria newyorkese Art of This Century, simbolo, in quel periodo, del debutto americano dell’arte europea contemporanea, accanto a Max Ernst e René Magritte.

Notevole è anche l’influenza di Marcel Duchamps: oggetti ritrovati e trasformati, che nelle opere di Miró sono rubinetti, cappelli di paglia, arti di bambole, zucche…
Amico di Ernest Hemingway, appassionato di letteratura, di musica e soprattutto di danza: realizza enormi tele per il boccascena dei teatri, nei quali si esibisce la compagnia dei Ballets Russes di Sergej Djagilev.
Eclettico e sperimentatore usa qualsiasi materiale per i suoi lavori: dall’acquaforte ai carburi, alle tele, carta e cartone, chine e inchiostri, acquerello, matita e grafite, mastice, catrame e plastica, stoffe, spago e metallo, creando collage, sculture, litografie, ceramiche, scenografie e arazzi.
Nel 1954 gli viene conferito il premio per la grafica alla Biennale di Venezia: le campiture liquide, come linguaggio espressivo, divengono punto di riferimento di un particolare momento storico e artistico del ventesimo secolo.
Dal 1956 si stabilisce a Palma di Maiorca, in un contesto in cui oltre alla dimora viene edificato anche un laboratorio e uno studio di pittura.
Donne e uccelli nella notte del 1970: esperimento artistico realizzato partendo da una busta di plastica; un foglio di catrame e colori ad olio prendono vita nell’opera Il gallo del mattino II.
Tristemente famoso l’arazzo in lana e canapa, di circa quattro tonnellate di peso, installato nel World Trade Center nel 1974: distrutto con il crollo delle torri nel 2001.
I riconoscimenti in patria arrivano solo dopo la caduta del governo franchista; nel 1983 produce il logo dell’Ente del Turismo Spagnolo: il Sole, che lo consacra ad essere ricordato per sempre.
Il tardo periodo lascia intravedere le sue idee più radicali e studi sulla pittura quadrimensionale.
Si spegne a Maiorca, all’età di novant’anni.

Joan Mirò rappresenta appieno il Surrealismo, sviluppando ed elaborando immagini sospese, fluttuanti, tradotte in segni e astrazioni.

Un pittore poetico, attratto da una forza magnetica non prestabilita: “Il pittore lavora come un poeta: prima viene la parola, poi il pensiero”.
Io mi trovo perfettamente d’accordo…