Residenza sabauda entrata a far parte del Patrimonio dell’Unesco nel 1997: la Reggia di Venaria Reale, commissionata dal Duca Carlo Emanuele II di Savoia.
Siamo nel 1659, anno in cui si concretizza il sogno del Duca, quello di creare una sede permanente per la pratica venatoria, degna del Ducato e della città di Torino.
Il progetto della costruzione viene affidato ad Amedeo di Castellamonte, che realizza su un unico asse il Borgo, la Reggia e i Giardini, terminando questo capolavoro, unico nel suo genere, nel 1675.
Il cosiddetto Borgo riproduce il Collare dell’Annunziata, ossia la massima onorificenza della Casa Savoia, richiamando una preziosa collana del casato con un particolare medaglione, simbolo di fedeltà e unità: l’ambiente è un magnifico quanto inusuale quadr’ovale, cioè con forma ovale e nel contempo quadrata.

La Reggia, un edificio bianco ed elegante, è costituita da due corti collegate con la parte centrale, lo splendido Salone di Diana: ornato di stucchi e quadri ispirati alla caccia, snodo fra il palazzo e i giardini. Sulla parte ovest viene creata la Citroneria, mentre a sud sono installate le scuderie e i canili, il Parco alto dei Cervi ed una cappella, quella di San Rocco.
E’ la prima residenza di venagióne con queste proporzioni, che sono comunque contenute: infatti al tempo i Savoia non sono ancora regnanti.
Ma tutto cambia in fretta: la battaglia della Marsaglia, all’interno della Guerra della Grande Alleanza, che vede la Francia contro le altre potenze d’Europa, per mire espansionistiche, mette Vittorio Amedeo II nella condizione di schierarsi contro l’egemonia francese sul territorio della Savoia, contando sull’aiuto degli altri stati.
La battaglia si estende però fino in Piemonte, dove molte città sono assediate dalle truppe francesi, guidate da Catinat, un maresciallo spietato e noto per le sue efferate persecuzioni: su ordine di Luigi XIV viene incendiata la bella Reggia del Castellamonte.
Questo avvenimento storico diede il via ad un nuovo progetto per volontà di Vittorio Amedeo II, per un rinnovamento totale del complesso a cura di Michelangelo Garove: corre l’anno 1699.
Garove, volendo esprimere la nuova identità culturale del periodo, si ispira a Versailles, elimina il giardino all’italiana seicentesco per far posto a grandi parterre a ricamo, viali alberati su specchi d’acqua, nuove prospettive sull’infinito con pergolati di incantata bellezza, su circa centoventicinque ettari di terreno.
Ristruttura l’edificio principale, aggiungendo due maniche laterali alla francese, in laterizio rosse: crea grandi padiglioni collegati da gallerie, inseguendo il gusto propriamente francese.
In sintesi la parte destra del complesso che vedete in foto è opera di questo secondo architetto di corte, che realizza due torrioni con tetti damascati, detti alla “Mansart”, ossia ricoperti di mattonelle pentagonali in ceramica multicolore.
Il progetto nella sua interezza, però, non viene terminato, perchè Michelangelo Garove muore prematuramente, nel 1713.

Questa data è fondamentale per capire i futuri sviluppi della Reggia di Venaria: Vittorio Amedeo II diventa finalmente Re, grazie alla cessione del Regno di Sicilia da parte di Filippo V di Spagna.
La dinastia Savoia vuole perseguire ambizioni più regali, che devono necessariamente riflettersi anche nelle proprie residenze.

Nel 1716 il cantiere passa in mano a Filippo Juvarra che prosegue i lavori inseguendo la sua personale visione di “grande dimensione”, terminando la struttura in modo esemplare, edificando alcuni dei suoi più grandi capolavori, tra cui la Galleria Grande, teatro di luce e fascino d’avorio e stucchi, con la Corona regia sulla porta di ingresso, la Cappella di Sant’Uberto e il complesso costituito dalle Scuderie e Citroneria.
Juvarra ricompone gli spazi dell’intera Corte in affaccio al Borgo, aprendo la galleria centrale sull’esterno, attraverso ampie finestre, creando sinergia tra gli spazi attraverso luce e continuità della vista.
La Chiesa di Sant’Uberto, dedicata non a caso al patrono dei cacciatori, viene articolata su croce greca con magnifiche cappelle circolari: un trionfo di luminosità dall’alto, angeli sull’altare e l’illusione di una cupola, che in realtà non c’è, un espediente artistico e scenografico di trompe l’oeil, opera del pittore Giovanni Galliari.
Dopo la morte di Juvarra subentra Benedetto Alfieri nel completamento finale della Reggia, il quale realizza maniche di collegamento dei corpi juvarriani, il nuovo Belvedere per unire la cappella al palazzo e la piccola galleria, che collega la chiesa alla Citroniera, non dimenticando il Rondò, con le statue delle stagioni.
A metà del Settecento, in tutta Europa, non si parla d’altro: la più grande e maestosa residenza di caccia del Re: uno spazio suggestivo nato da una complessa operazione urbanistica, che completa in modo esemplare la Corona Delitiae, le residenze di corte del casato Savoia.
Arriviamo al 1798, anno dell’occupazione francese, in cui inizia il declino della Reggia, che purtroppo non rientra nelle dimore imperiali di Napoleone: i suoi tesori vanno dispersi, il parco distrutto…
Caduto Napoleone inizia il periodo della Restaurazione, 1815-1830, ma la Venaria Reale non torna al suo antico splendore: diventa base per i reggimenti d’artiglieria, perchè di lì a poco iniziano le guerre d’Indipendenza del Risorgimento.
Successivamente per volere del Re Vittorio Emanuele II viene convertita in una vera e propria caserma.
Dal dopoguerra la situazione peggiora e i pochi interventi straordinari di preservazione fanno si che le strutture non crollino del tutto. Nel 1985 la Reggia rischia la demolizione!

E’ solo nel 1997 che parte finalmente un restauro senza precedenti nella storia d’Europa: il più grande cantiere mai messo in opera, che ha permesso il recupero totale di ogni fase della sua travagliata storia, dal Potager Royal, l’orto secondo l’antica tradizione del tempo, agli appartamenti privati dei reali, fino alle collezioni di corte.
La più alta espressione del Barocco europeo vive ancora e il percorso che mi accompagna è un viaggio nella storia, che profuma di arte pura.