L’armistizio del 1949 segna i confini israeliani, riconosciuti a livello internazionale: la Linea Verde, che separa la Cisgiordania da Israele.
La costruzione degli insediamenti israeliani in territorio palestinese ha inizio nel 1967, quando Israele occupa la Cisgiordania, durante la Guerra dei Sei Giorni, violando i principi stabiliti dal diritto internazionale.
Negli ultimi trent’anni la popolazione di coloni israeliani in Palestina è notevolmente aumentata e di conseguenza anche l’occupazione: è un gioco di governo perverso, in cui le vittime non sono solo i palestinesi, ma anche i coloni, sfruttati come piccole pedine per il controllo territoriale.

Mi sono confrontata con chi vive negli insediamenti ed è stata dura comprendere come è possibile dimenticarsi che siamo tutti esseri umani e che la violenza porta solo altra violenza: tutti abbiamo diritto alla vita, che ci piaccia oppure no.
L’incontro-scontro che non dimenticherò mai è stato con Caleb, ovviamente il nome è di fantasia per proteggerne l’identità.
La colonia in cui vive è molto povera, si tratta di un piccolo settlement, con giusto le risorse necessarie per la sopravvivenza.
E’ una persona piacevole, a modo, ospitale; dopo un caffè e canzoni suonate con il banjo, si comincia a parlare ed è a questo punto che mi rendo conto che il vecchio detto “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” rappresenta una verità sacrosanta.
Juls: “Ad oggi gli Israeliani che vivono nelle colonie, su territorio della Cisgiordania e Gerusalemme Est, sono più di cinquecentomila. Questi insediamenti sono considerati illegali secondo il Diritto Internazionale. Lei cosa ne pensa?
Caleb: «Siamo qui, perchè questa terra ci spetta, è nostra, ce l’ha data Dio: la Terra di Israele è sacra e fu promessa da Dio ai discendenti di Abramo, attraverso suo figlio Isacco e il nipote Giacobbe. La nostra tradizione la considera valida per tutti gli ebrei del mondo».
Juls: “Nel 1948, quando Israele si è proclamato Stato, le forze sioniste hanno espulso circa settecentomila palestinesi, da quello che oggi è il territorio nazionale. Gli israeliani la considerano la Guerra d’Indipendenza, i palestinesi la Nakba-la, catastrofe: in migliaia finiti nei campi profughi. Anche questi ultimi hanno diritto alla terra, oppure no? Vivono qui, da prima che arrivaste…”
Caleb: «I coloni amano gli arabi. Io ho molti amici arabi. Anche se la maggior parte degli arabi ci odia. Io non ho nulla contro gli arabi, ma questa è la nostra terra, è nostro il diritto di riprendercela».
NdR – Badate che non è un caso se ci sono ripetizioni: questa è la traduzione letterale, e mai, dico mai, ho sentito pronunciare la parola “palestinese” da Caleb, che come tutti i coloni estremisti, di profonda ideologia fondamentalista religiosa, rinnegano un eventuale Stato di Palestina; sono solo i Territori, West Bank! –
Juls: “E’ la solita vecchia storia di Dio messo a sedere controvoglia alla tavola dei negoziati. Ricorda cosa disse Ben Gurion? “Se fossi arabo, perché dovrei accettare uno stato di ebrei? È vero che eravamo qui 2000 anni fa: ma questa è storia, non politica contemporanea”. Allora le chiedo, Caleb, perchè tutta questa violenza nei confronti dei palestinesi? Qui siete tutti armati! E perchè le forze dell’ordine sono più indulgenti con voi coloni?”
Caleb: «Lei forse non capisce… Noi dobbiamo difenderci dai terroristi arabi. Fine della storia!»
Juls: “Terroristi… I terroristi così definiti sono da entrambe le parti. Ho assistito a lanci di pietre ai bambini palestinesi che tornavano da scuola, BAMBINI, e la polizia non ha fatto nulla. Nei pochi giorni di permanenza qui sono morti due giovani mentre si dirigevano ai checkpoint, perchè non si sono fermati subito! Non potevano essere solo feriti, magari alle gambe, per cercare di bloccarli? Perchè questo abuso di potere? I posti di blocco sono appositamente creati per la vostra sicurezza, con strade percorribili solo da voi coloni. Se malauguratamente sbaglio a riconoscere il colore dei blocchi di cemento sparano anche a me?”
NdR.- Esistono blocchi enormi di cemento con colori che definiscono il passaggio dei coloni israeliani e quello dei palestinesi. All’occorrenza vengono spostati per bloccare interie arterie stradali. –
Caleb: «Lei sa che i bambini a Gaza sono utilizzati come scudi umani? I “terroristi” usano i tunnel per il contrabbando di armi. Noi dobbiamo proteggerci».
Juls: “Vi proteggete anche attaccando: lanciando pietre, sparando, distruggendo coltivazioni e case. E se vogliamo parlare di Gaza i tunnel vengono scavati per cercare di ricevere rifornimenti e aggirare il blocco che è in vigore dal 2007. Le persone che vivono nella Striscia di Gaza sono in prigione: Israele ne controlla i confini, lo spazio aereo e le vie d’acqua. Gli Stati Uniti hanno elargito allo stato 3,8 miliardi di dollari (3,5 l’anno scorso) e ciò rende Israele il paese con il quinto più grande esercito al mondo.”
Caleb: «Lei non ha idea di come stanno le cose. Abbiamo il diritto di difenderci, non ci si deve fidare degli arabi, anche se sembrano bravi e civilizzati».
La conversazione termina, con gli sguardi degli altri coloni su di me, perplessi, come se fossi pazza, e in fondo penso che nulla, niente, li ha impressionati… Il palestinese è percepito come non umano: questo è il vero colonialismo.
Ma nella grande folla arrabbiata e aggressiva trovo anche qualche moderato, come Eitan: un ragazzo molto giovane, eppur già padre di un bimbo piccolo, che vive con la moglie in un settlement ricco, a Tekoa. La voce fuori dal coro: Eitan vuole andar via, portar con sè la sua famiglia, abbandonare la colonia e i Territori: «Non è più possibile vivere in questo modo, non mi sento libero e non voglio che mio figlio cresca così. Fino a che rimarremo qui ci saranno sempre scontri».
In visita ad uno sperduto villaggio, Kfar Eldar, è stato organizzato un altro incontro con i coloni, ai quali ho domandato: “Quale pensate possa essere la soluzione al conflitto?”
«Ci aspettiamo un evento da lassù, che arrivi un leader o un Messia, chè intervenga per cambiare il corso del conflitto. Noi rimaniamo, non andremo via mai».
Solo uno ha risposto così: «Sono disposto a lasciare la colonia in cambio della pace»…
NdR:
1 – 1993 – Yasser Arafat e il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin firmano a Washington il primo trattato di pace che apre la strada all’autonomia di Gaza e della Cisgiordania. A febbraio un colono israeliano uccide 39 palestinesi in una moschea di Hebron. Si scatenano attentati terroristici da ambedue le parti. Israele si ritira qualche mese dopo da Gerico, in Cisgiordania, e da Gaza.
2 – 1995 – Israele e Olp firmano un accordo per dare più autonomia alla Palestina. Ma il 4 novembre, a Tel Aviv, Yitzhak Rabin viene ucciso da uno studente di 25 anni, estremista di destra: la sua motivazione “Rabin voleva consegnare Israele agli arabi”.
3 – 1996 – Benyamin Netanyahu vince le elezioni in Israele. Yasser Arafat, nelle prime elezioni della storia del popolo palestinese, diviene presidente. Netanyahu annuncia che non restituirà il Golan. Il governo israeliano decide di riprendere la costruzione di insediamenti israeliani nei territori occupati. Nuovi scontri.
Israele incentiva chi decide di andare a vivere nelle colonie, in territorio occupato, con fondi, abbassamento delle tasse per diversi anni, educazione e sanità comprese. Anche se non sei fondamentalista, perchè non approfittarne?
4 – 1997 – le colonie ammontano ad un totale di 200 unità. Oggi sono 320 ed in aumento, perchè nascono anche abusivamente e poi nel tempo chiedono il “condono” allo stato.
Lo scopo degli attacchi, da parte dei coloni, è quello di rendere la vita dei palestinesi sempre più difficile, spingerli ad andar via (soprattutto i residenti in area C, sotto controllo totale di Israele), lasciando le proprie terre, in modo da legittimare l’espansione delle colonie.
5 – 2009 – Barack Obama chiede ripetutamente a Netanyahu di interrompere ogni espansione degli insediamenti nei territori occupati, ma nel febbraio 2011 gli stessi Stati Uniti si oppongono alla risoluzione dell’ONU che avrebbe stabilito le colonie come illegali. Quando si dice la coerenza!
La storia continua… I colloqui di pace tra le due parti si sono interrotti nel 2014, ma non hanno fine le violenze reciproche.
E proprio al di là della divisione, c’è chi vive in Israele, nel sogno di uno stato moderno, democratico, all’avanguardia nella ricerca, restando all’oscuro dell’incubo dell’occupazione.
Molto bello e interessante questo articolo. Ciao
Fabricio, grazie per la lettura e questo commento. Ci tengo molto a questo articolo e agli altri sulla Palestina e Israele: ho ancora davanti ai miei occhi le immagini della vita nelle colonie israeliane e lo squallore e decadenza nei campi profughi… Un’esperienza che mi ha segnato profondamente.
Ciao e a presto.