E non so perché
mi ritrovo qui
con le mie prospettive
ingarbugliate
senza spazi
per farle volare
Ruotano queste riflessioni
intenzioni
forse timori
Sono sogni di ieri
tornano alla sera
come i gabbiani
in primavera
Librano
in voli suicidi
ma non si schiantano mai
Immortali tremori
accatastati
su sentieri di spine e rovi
Mi deformo nell’essenza
schiacciata dalla carenza
Intorno
solo afa opprimente
crescente
Non soffia la brezza
su questa tristezza
Nessun alito di vento
per alleviare il tormento
Tremenda la notte
questa maledetta
Ti aspetta
poi tace
Ascolta silente
e con pazienza attende
penetrando
la tua effimera quiete
Si nutre delle tue rovine
si ciba dei tuoi peccati
quelli non ancora bruciati
E tutto quel che resta
è cenere nel cuore
disgregato
malandato
stanco
Al salir dell’alba
un tenue sole lo abbaglia
e per un istante
sorride
ride di questa cecità
Non c’è che questa strada per il giorno
notturna melanconia di te