Felice Casorati, artista in primo piano dell’arte italiana e piemontese del ’900, nasce a Novara nel 1883 da una famiglia di scienziati e matematici: l’esattezza geometrica come tecnica artistica sarà elemento predominante in tutta la sua produzione artistica.
Il padre è un militare e la famiglia è costretta a cambiare spesso città, seguendo i suoi spostamenti.
Felice inizia a dipingere solo intorno alla maggiore età, non potendo più suonare il pianoforte, suo amato, a causa di problemi fisici: in soli cinque anni raggiunge risultati notevoli.
Il primo quadro esposto alla Biennale di Venezia è del 1907: un ritratto di Elvira, la sorella, dove si svela già la sua programmaticità.
Un anno più tardi la famiglia si trasferisce a Napoli: la collezione di opere di Bruegel lo influenzano nell’evoluzione pittorica verso il sintetismo.
E’ in questa città che ritrae vecchie donne popolane, in stile ottocentesco, nel 1910.
Tornato in Veneto, dove aveva trascorso parte dell’infanzia, realizzerà “Le due bambine”, tempera su cartone: opera della prima fase artistica contraddistinta da sintesi tra simbolismo e realismo, tonalità tenui e figure ben delineate.
Con l’inizio della prima guerra mondiale è reclutato e, come si suol dire, l’arte viene messa da parte…
Si trasferisce a Torino nel 1917 in seguito alla morte del padre e riprende a dipingere dopo un silenzio, durato circa quattro anni.
Casorati ritorna alle sue forme più consuete, ma segnate dall’inquietudine del modernismo: profondità di sfondo, visuale e geometrie si fondono mettendo in primo piano linee sinuose di donne, colme di espressività.
“Le due sorelle”, datato 1921, risulta la prima opera dove si manifesta il tema del doppio: la duplicazione della figura femminile vestita e nuda, la donna nella sua molteplicità.
Come si evince non si tratta di un nudo seducente, ma di uno studio sul corpo: i detrattori considerano le sue figure femminee sgraziate, brutte, non adeguate agli standard di quel periodo.
Felice prosegue, nonostante le critiche, nella ricerca spasmodica di un nuovo concetto artistico, aprendo una scuola di pittura antiaccademica: ormai è un punto di riferimento dell’arte a Torino e prossimo a divenire uno degli esponenti più importanti del modernismo italiano.
Il 1922 è l’anno della sua adesione alla Rivoluzione Liberale di Gobetti e il ritratto di un’ immaginaria “Silvana Cenni” rappresenta la riscoperta della perfezione geometrica, così come della pittura matematica del Rinascimento.
Altra opera cardine è “Meriggio”, di un anno dopo: i corpi femminili sono strumento per una completezza di forme rigorose, disposte su una nuova visuale prospettica.
Nel 1923 sia Gobetti che Casorati sono arrestati: Felice viene interrogato dai militari senza conseguenze di rilievo. Dopo questo episodio si allontana definitivamente dalla vita politica antifascista.
Il 1924 è l’anno della svolta e del riconoscimento artistico: la mostra personale esposta alla Biennale di Venezia lo consacra definitivamente come riferimento del Modernismo.
Nel 1926, in pieno governo fascista, la nota critica d’arte Margherita Sarfatti include le sue opere nella mostra dedicata al Novecento Italiano, definendole intrise di “realismo magico”: una concretezza che non raffigura solo il reale, ma lo trasfigura simbolicamente.
L’esposizione “Casorati e i suoi allievi” determina la formazione del gruppo “Sei di Torino”, i cui i partecipanti sono nomi del calibro di Jessie Boswell, Carlo Levi, Francesco Menzio, Gigi Chessa, Nicola Galante e Enrico Paulucci, che ne diffonderanno le ricerche.
Siamo alla fine degli anni ’20 e in un’ottica anticonformista la parola chiave è Europeismo: in virtù di ciò gli artisti prendono le distanze da tutte le forme d’arte del regime e lo scopo primario è quello di riallacciare i rapporti dell’arte italiana con l’Europa, senza condizionamenti di tipo autarchico.
Questo quadro è “Susanna”, una delle tante variazioni sul tema pittore e modella, così caro all’artista piemontese.
Negli anni ’30 Casorati sposa una delle sue allieve, Daphne Maugham e in questo periodo si intravede il suo procedere verso l’astrazione piatta, anche se il tema predominante rimane il ritratto femminile, nudo, più erotico degli esordi, che lo porterà allo stile contornato nel secondo dopoguerra.
“La donna che legge” del 1943 presenta già accenni di contorni in nero, più che un gioco di effetti d’ombra.
Nel periodo postbellico si nota bene il passaggio, ormai avvenuto, dalle campiture piatte al contornato: l’artista proseguirà la sua opera fino al 1963, anno della sua morte nella città sabauda.
I temi dell’infanzia, dell’adolescenza, della seduzione e della bellezza sono solo alcune sfumature del variegato mondo femminile di Felice Casorati, che percorre un primo stile espressionistico per arrivare al metafisico e terminare con una linearità decorativa, ritraendo la donna nelle sue mille e più mille sfaccettature.