Un viaggio lungo, estenuante, caldo torrido su percorsi sterrati in mezzo al nulla, eppure quel niente è così ricco di tutto: un ambiente inospitale, di bellezza che ferisce e tuttavia arricchisce gli occhi e l’anima.
Un territorio arido da circa ottanta milioni di anni, conosciuto come “deserto del Namib”, fra i più antichi del nostro pianeta.
Il Namib, ossia luogo vasto, la cui superficie è circa cinquantacinquemila chilometri quadrati, rientra in un sistema di aree protette, che parte dall’estrema punta occidentale, con uno scenario unico di dune che accarezzano l’oceano; attraversa il territorio Damaraland, toccando Windhoek e Walvis Bay, e continua a sud, oltre il Tropico del Capricorno, fino al famosissimo Namib-Naukluft National Park (il più grande parco del continente africano), terminando a Lüderitz, la “München in der Wüste”, la Monaco del deserto, per gli edifici tipicamente bavaresi.
La Skeleton Coast, letteralmente “costa degli scheletri”, è una parte di questo grande deserto, che si estende a nord-ovest, sulla costa dell’Oceano Atlantico. I Boscimani la chiamavano “la terra che Dio ha creato con rabbia”: è una lingua di terra desolata, difficile da percorrere, praticamente impossibile arrivarci via mare, per le forti correnti marine e a causa delle nebbie intense che si formano tra l’aria fredda oceanica e quella calda desertica.
Il deserto è in continua espansione, avanza direttamente in mare: il vento costante in questa zona muove le dune di sabbia, che si spingono fino in acqua, anche a molta distanza da riva.
Il singolare spettacolo visivo a cui si va incontro è quello di distese arenarie infinite e relitti di imbarcazioni dei primi del Novecento spiaggiati lungo il percorso: navi storiche diventate tristemente famose per essersi incagliate in questi banchi di sabbia sottomarini, come la Eduard Bohlen, la Dunedin Star e la Tong Taw. Questi bastimenti sono tutt’uno con il paesaggio ormai e regalano alla costa il suo nome insolito…
Si prosegue verso il centro, nel Damaraland, una regione ricca di formazioni geologiche uniche al mondo: montagne rocciose, cale e picchi in un susseguirsi senza fine: siamo nella Brandberg Reserve, in cui il trekking è d’obbligo e i tramonti indimenticabili, quelli che, una volta tornati, il solo ricordo ti provoca il famoso “mal d’Africa”…

Importanti le pitture rupestri lungo il percorso, testimonianze antichissime della vita in questo angolo remoto di terra, nei pressi di Twyfelfontein: la foresta pietrificata e il Vingerklip sono esempi di quanto sia strana e straordinaria la natura.

Si continua a scendere verso sud: Cape Cross Colony con le migliaia di foche a riva e un odore davvero nauseabondo lascia il posto ad una tranquilla cittadina chiamata Swakopmund, pausa perfetta per un po’ di relax e tipici dolci dal carattere germanico.
Addentrandosi all’interno, sulla linea di demarcazione del Tropico del Capricorno, si va incontro ad un deserto roccioso, un territorio totalmente diverso dalla costa piatta e sabbiosa; si tratta di un altopiano di grandi dimensioni con canyon a perdita d’occhio, formazioni rocciose così particolari e insolite da ricordare la Luna: da qui il nome Moon Valley.

Resterete rapiti da questo paesaggio sublime: credo sia nata qui la definizione di libertà dell’uomo e di quel miracolo che siamo insieme alla natura che ci circonda.


Rientrando mettete in preventivo un po’ di tempo per una visita all’Harbour Sandwich e la splendida Walvis Bay, con i fenicotteri rosa: meta ambita da surfisti e pescatori d’altura.
Il Namib meridionale è formato da dune fra le più alte al mondo, dai colori intensi, indescrivibili, che spaziano dal rosa, all’arancione e alle tonalità del mattone: un paradiso per fotografi e naturalisti, in cui tutto cambia e assume forme e colorazioni diverse a seconda delle luci e ombre giocate dal sole…

Il Sossusvlei è la destinazione più ambita: le dune del deserto sono state create da rena trasportata dal vento, proveniente dalla costa della Namibia. La sabbia ha ben 5 milioni di anni ed il colore rosso è dovuto all’alta concentrazione ferrosa e la sua conseguente ossidazione: le dune più antiche, quindi, sono quelle dal colore più intenso.
La Dune 45, la più fotografata e la Big Daddy, erroneamente considerata la più alta duna al mondo, circa 325 metri (in realtà la Dune 7 detiene il primato con circa 388 metri di altezza), donano una vista mozzafiato che fa dimenticare l’immensa fatica di scalata prima dell’alba.
Il paesaggio circostante è caratterizzato dalle cosiddette Dead Vlei, “oasi morte”. Un tempo erano oasi di acacie, alimentate da piccoli corsi d’acqua; in seguito al continuo spostamento delle dune molte di queste sono rimaste asciutte, pietrificando gli alberi e lasciando una depressione atipica, di colore bianco, a causa dell’alta salinità dell’acqua.
Sono certa che al ritorno a casa troverete un po’ di questa sabbia rossa nelle scarpe o ne verrà fuori da quella tasca dei pantaloni che avevate su quel giorno; io ne ho rinvenuta ovunque, non c’è nulla da fare: resta come una seconda pelle, come un sorriso che si accende, come il pensiero che la bellezza del viaggio e della ricerca esiste ancora e sempre…
– Photographs taken with manual focus Yashica and Kodak camera roll Color plus – Once upon a time – The beauty
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E’ trascorso un anno… Dodici mesi di me e di voi…
Grazie!
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