E’ passato solo qualche mese da quando è stata vietata la divulgazione dei rapporti sulla sicurezza degli arsenali nucleari americani sparsi in tutto il mondo: il Pentagono ha deciso che tutti i dati d’ispezione inerenti agli armamenti atomici della US Air Force saranno secretati.

Perchè? Ad oggi i resoconti non sono mai stati un rischio per il governo americano, infatti gli stessi non riportano dati classificati, ossia coperti dal segreto di stato.

Una presa di potere e controllo che ci lascia inermi, all’oscuro riguardo l’adeguatezza delle misure di sicurezza nelle basi militari di Aviano e Ghedi in Italia.

Eh sì, perchè sarebbero almeno settanta gli ordigni nucleari ospitati nel nostro paese secondo la statistica riportata dalla Federation of American Scientists: un vero e proprio arsenale, che risulta essere il più grande armamento atomico americano stoccato su suolo europeo, su un totale di centottanta bombe sparse nel mondo.

I tipi di arma nucleare a disposizione della NATO in Europa sono la bomba B61-3, B61-4 e B61-10, tutte risalenti al decennio 1979-1989. Roba un po’ fuori moda, tant’è che gli Stati Uniti sono alle prese con un lavoro di sostituzione: le bombe termonucleari B61-12, enorme potenza e possibilità di essere trasportate sui nuovi velivoli F35, cacciabombardieri di cui anche il nostro paese si è dotato.

Negli anni Settanta l’Italia ratifica il trattato di non proliferazione delle armi nucleari; questo documento vieta la corsa agli armamenti e, più di tutto, stabilisce che i paesi militarmente non nucleari non debbano accettare da terzi armi nucleari di alcun tipo.

Davvero? E il Patto Atlantico? Il nostro governo ha firmato l’accordo di condivisione nucleare della NATO, che prevede il transito, l’installazione, lo stoccaggio e conseguente detenzione di ordigni, senza considerare l’addestramento delle forze italiane, qualora si presentasse l’occasione di dover utilizzare le bombe atomiche.

Belgio, Olanda e Germania non sono da meno, anche se il nostro paese detiene il primato della nazione con il più alto numero di ordigni nucleari statunitensi in Europa.

Il WS3, ossia il cosiddetto Weapons Storage and Security System, quanto è efficace per contenere i rischi dovuti alla presenza di armi atomiche? Questo sistema, messo a punto nel 1976 e operativo dal 1988, permette di immagazzinare le bombe nucleari all’interno di gallerie scavate nel sottosuolo: ogni tunnel può contenere fino a quattro armi nucleari, monitorati da sistemi elettronici, che permettono la trasmissione dati dei rilevatori di sicurezza.

Che strumenti abbiamo per controllare questa situazione oggi? A quanto pare nessuno! Se da sempre vige il più stretto riserbo sulle armi nucleari americane in Italia, per ovvi motivi, ciò non toglie però che abbiamo il diritto di sapere se “viviamo al sicuro”, senza rischi legati allo stoccaggio degli ordigni.

Questa storia puzza, è maleodorante: non si cerca di preservare la sicurezza mondiale secretando i dati di controllo d’ispezione delle installazioni, ma, più probabilmente, di nascondere eventuali anomalie o incompetenze.

Insomma, la mia bella Italia, stato denuclearizzato, non è più pizza e mandolino da molto tempo ormai, solo una squallida polveriera a forma di stivale.

E a chi grida alla bufala rispondo con l’eleganza di Dostoevskij: “La verità autentica è sempre inverosimile”.

N.d.R.

– Delle tre potenze nucleari NATO, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, solo questi ultimi hanno fornito le armi per la condivisione nucleare.

– Le armi nucleari stoccate in paesi non nucleari sono sotto il controllo dei soldati statunitensi: USAF, Munitions Support Squadrons. Nel 2008 il rapporto USAF ritiene che la maggior parte dei siti di stoccaggio di armi nucleari in Europa non incontra i requisiti di sicurezza necessari: informazioni parziali, di cui si viene a conoscenza molto tempo dopo, perchè il rapporto è desecretato solo in parte.

– In caso di guerra le armi devono essere montate su aerei militari dei paesi partecipanti. Infatti nel 2013 l’Italia fa partire la produzione di velivoli F35 attraverso lo stabilimento Faco di Cameri: a fine del 2016 ne riceviamo due, in ottobre 2017 decolla la versione F35-B, prevista in quindici unità per la marina e altrettante per l’aeronautica.

– Nel contratto 636, firmato a novembre 2014 dal Segretariato generale della Difesa, si preventivano circa duecentomila euro per la sola progettazione di opere di ammodernamento del sistema WS3: la ristrutturazione dei depositi nucleari nella base aerea di Ghedi costerà milioni di euro e a carico di chi?

– La condivisione nucleare, NATO nuclear sharing, viola gli articoli I e II del Trattato di non proliferazione nucleare, il TNP:

– art. I – Ciascuno degli Stati militarmente nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non trasferire a chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente; si impegna inoltre a non assistere, né incoraggiare, né spingere in alcun modo uno Stato militarmente non nucleare a produrre o altrimenti procurarsi armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi o congegni esplosivi.

– art. II – Ciascuno degli Stati militarmente non nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, né il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente; si impegna inoltre a non produrre né altrimenti procurarsi armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, e a non chiedere né ricevere aiuto per la fabbricazione di armi nucleari o di altri congegni nucleari esplosivi.

– Nonostante il TNP, Cina, Corea del Nord, Gran Bretagna, Russia e USA sono ancora i maggiori produttori di armi nucleari al mondo: ad oggi circa quindici mila testate nucleari.

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