Intrigante questo tuo sentire. Mi pare che il nòcciolo stia nella parola…attendo…forse un segno va dato o una sequenza d’amore va anche provocata…essere stupiti o stupire? Farsi trovare oltre che farsi cercare? Nella mia limitata esperienza, l’iniziativa l’hanno quasi sempre presa le donne, ero troppo timido e insicuro…solo con la mia attuale moglie l’iniziativa è stata mia…mi presi un immediato no…poi mi venne a cercare…
La sequenza d’amore è un meccanismo che parte all’improvviso, d’istinto… Certo si può provocare, perché no?
Io vorrei stupirmi di qualcuno che mi cerca e sa “trovarmi” davvero.
Mi piace la tua storia: poi lei ti venne a cercare…
Se ti piacciono le storie ecco come è cominciato il mio primo grande amore….
Tutto cominciò con un paio di stringhe da scarpe, marroni, sottili, arrotondate.
Naturalmente, anch’io, come gli altri ragazzi della scuola, la guardavo, valutavo i suoi seni, che apparivano sodi sotto la blusa accollata, ammiravo le sue lunghe gambe, forti, ma armoniose, con le quali aveva vinto la gara di salto in lungo femminile. Ma più di tutto mi piaceva la sua pelle, tenuemente rosa, con lentiggini sparse, e profumata naturalmente, come quella di un bebé di sei mesi. Bastava starle ben vicino, per sentirlo, quel leggero, delicato profumo.
Gli altri ragazzi le ronzavano sempre intorno – lei era certo la ragazza più bella ed interessante fra quelle che frequentavano il liceo – e lei domava i loro bollenti spiriti con la freschezza del suo sorriso luminoso. Io invece, me ne stavo un po’ in disparte, non mi sono mai piaciuti i posti affollati, e l’ammiravo da lontano. Ogni tanto ci capitava di scambiare qualche parola, specie durante le lezioni di francese, che avevamo in comune, benché io frequentassi il liceo scientifico, lei il classico. Sedevo nel banco dietro a lei, dove ogni tanto mi raggiungeva un alito del profumo della sua pelle.
Ma per il resto, le stavo appunto distante, forse per timidezza, più probabilmente per insicurezza.
Poi arrivò il giorno delle stringhe.
Come quasi sempre accade, è la donna che sceglie l’uomo che la sceglierà; meglio ancora, sono spesso le donne che fanno il passo determinante perché una possibile storia abbia inizio.
Quel giorno, erano circa le otto e un quarto di un bel mattino soleggiato, eravamo quasi tutti fuori della scuola, in attesa del suono della campanella che chiamasse alla prima ora di lezione, quando la vidi staccarsi dalla nube di corteggiatori che come sempre l’avvolgeva, e venire verso di me sorridendo. Non era mai successo prima.
“Ciao, Francesco, come stai?” mi chiese.
“Ciao, Valeria, bene, grazie, e tu?”
“Senti, non ti offendere, ti ho comprato queste” e mi porse un paio di stringhe da scarpe, marroni, sottili, arrotondate.
La guardai interrogativamente, senza capire bene cosa stesse succedendo.
“È un po’ che ho notato che le stringhe delle tue scarpe sono tutte rotte, penso che fai fatica persino a fare il nodo, e non è bello da vedere. Così ieri sono passata dal calzolaio e te ne ho comprato un paio. Voi ragazzi siete un po’ pigri per queste cose!”, mi disse ancora, sorridendo e continuando a porgermi le stringhe.
Io le presi e non sapevo cosa dire; non sapevo se sentirmi umiliato per essere stato colto in peccato di sciatteria, o se essere esaltato per il fatto che lei mi avesse guardato con particolare attenzione e pensato a me, andando a comprare quelle stringhe, che ora stringevo nella mano.
“Non me le devi pagare”, aggiunse, sempre più sorridente,”magari sabato m’inviti a prendere un tè in pasticceria”
Sono passati ormai più di venticinque anni da quella mattina. Abbiamo avuto due figli, ed oggi il primogenito, che fa anche lui il liceo scientifico, era raggiante: pare che la brunetta che gli piace tanto gli abbia portato un CD, da mettere su quando fa i compiti.
Se tanto mi dà tanto…
Questo sito utilizza cookies propri e di terze parti per migliorare la tua esperienza di navigazione. Proseguendo nella navigazione si accetta l’uso dei cookies. Leggi la privacy policyAccetto
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
Intrigante questo tuo sentire. Mi pare che il nòcciolo stia nella parola…attendo…forse un segno va dato o una sequenza d’amore va anche provocata…essere stupiti o stupire? Farsi trovare oltre che farsi cercare? Nella mia limitata esperienza, l’iniziativa l’hanno quasi sempre presa le donne, ero troppo timido e insicuro…solo con la mia attuale moglie l’iniziativa è stata mia…mi presi un immediato no…poi mi venne a cercare…
La sequenza d’amore è un meccanismo che parte all’improvviso, d’istinto… Certo si può provocare, perché no?
Io vorrei stupirmi di qualcuno che mi cerca e sa “trovarmi” davvero.
Mi piace la tua storia: poi lei ti venne a cercare…
Se ti piacciono le storie ecco come è cominciato il mio primo grande amore….
Tutto cominciò con un paio di stringhe da scarpe, marroni, sottili, arrotondate.
Naturalmente, anch’io, come gli altri ragazzi della scuola, la guardavo, valutavo i suoi seni, che apparivano sodi sotto la blusa accollata, ammiravo le sue lunghe gambe, forti, ma armoniose, con le quali aveva vinto la gara di salto in lungo femminile. Ma più di tutto mi piaceva la sua pelle, tenuemente rosa, con lentiggini sparse, e profumata naturalmente, come quella di un bebé di sei mesi. Bastava starle ben vicino, per sentirlo, quel leggero, delicato profumo.
Gli altri ragazzi le ronzavano sempre intorno – lei era certo la ragazza più bella ed interessante fra quelle che frequentavano il liceo – e lei domava i loro bollenti spiriti con la freschezza del suo sorriso luminoso. Io invece, me ne stavo un po’ in disparte, non mi sono mai piaciuti i posti affollati, e l’ammiravo da lontano. Ogni tanto ci capitava di scambiare qualche parola, specie durante le lezioni di francese, che avevamo in comune, benché io frequentassi il liceo scientifico, lei il classico. Sedevo nel banco dietro a lei, dove ogni tanto mi raggiungeva un alito del profumo della sua pelle.
Ma per il resto, le stavo appunto distante, forse per timidezza, più probabilmente per insicurezza.
Poi arrivò il giorno delle stringhe.
Come quasi sempre accade, è la donna che sceglie l’uomo che la sceglierà; meglio ancora, sono spesso le donne che fanno il passo determinante perché una possibile storia abbia inizio.
Quel giorno, erano circa le otto e un quarto di un bel mattino soleggiato, eravamo quasi tutti fuori della scuola, in attesa del suono della campanella che chiamasse alla prima ora di lezione, quando la vidi staccarsi dalla nube di corteggiatori che come sempre l’avvolgeva, e venire verso di me sorridendo. Non era mai successo prima.
“Ciao, Francesco, come stai?” mi chiese.
“Ciao, Valeria, bene, grazie, e tu?”
“Senti, non ti offendere, ti ho comprato queste” e mi porse un paio di stringhe da scarpe, marroni, sottili, arrotondate.
La guardai interrogativamente, senza capire bene cosa stesse succedendo.
“È un po’ che ho notato che le stringhe delle tue scarpe sono tutte rotte, penso che fai fatica persino a fare il nodo, e non è bello da vedere. Così ieri sono passata dal calzolaio e te ne ho comprato un paio. Voi ragazzi siete un po’ pigri per queste cose!”, mi disse ancora, sorridendo e continuando a porgermi le stringhe.
Io le presi e non sapevo cosa dire; non sapevo se sentirmi umiliato per essere stato colto in peccato di sciatteria, o se essere esaltato per il fatto che lei mi avesse guardato con particolare attenzione e pensato a me, andando a comprare quelle stringhe, che ora stringevo nella mano.
“Non me le devi pagare”, aggiunse, sempre più sorridente,”magari sabato m’inviti a prendere un tè in pasticceria”
Sono passati ormai più di venticinque anni da quella mattina. Abbiamo avuto due figli, ed oggi il primogenito, che fa anche lui il liceo scientifico, era raggiante: pare che la brunetta che gli piace tanto gli abbia portato un CD, da mettere su quando fa i compiti.
Se tanto mi dà tanto…
Bellissima Fabricio…